ORO ALCHEMICO
SECONDA PARTE
Ben ritrovati, miei cari lettori, con la seconda parte dell’articolo sull’oro alchemico.
LA SCIENZA SEGRETA
L’alchimia poteva diventare un mestiere pericoloso poiché l’alchimista, anche se non riusciva a fabbricare l’oro, riusciva a ottenere leghe colorate di giallo che potevano crearne l’illusione.
In questo caso egli era perseguitato e tacciato di ciarlataneria ed è ciò che avvenne sotto l’imperatore Diocleziano che fece bruciare tutti i libri di chimica degli Egizi, considerando questi testi imparentati con la magia e la stregoneria.
UN LINGUAGGIO PRESTABILITO
Se l’alchimista credeva di riuscire e i suoi contemporanei credevano fosse riuscito a creare l’oro, rischiava di cadere preda di prìncipi avidi o di grandi feudatari.
Si aggiunga a ciò l’avarizia (egli non teneva a condividere il segreto della sua ricchezza con altri) e la necessità di rivelare la sua scienza soltanto a discepoli che ne fossero degni, si capisce come la letteratura alchimistica sia tanto oscura.
Il contesto in cui lavora l’alchimista invoca il nome del suo mitico fondatore Hermes tre volte Grandissimo (Trismegisto) e la parola “ermetico” ha finito col designare un pensiero di difficile comprensione.
I VARI SINONIMI PER DESIGNARE GLI “STRUMENTI” ALCHEMICI
Il Mercurio viene chiamato “acqua argentata”, “acqua divina”, “sempre fuggente”, “seme di drago”, “maschile-femminile” etc.
Nello stesso modo L’Elisir viene chiamato “latte di vergine”, “latte cotto”, “latte di cagna”, “orina di bimbo”, “sale ammoniaco” etc.
L’Uovo Filosofico, cioè la matrice dell’oro alchemico, viene chiamato “pietra di rame”, “pietra d’Egitto” dove le parti liquide sono “ruggine di rame”, “acqua di verderame” e il bianco è “gomma”, “latte di fico”, “giallo zafferano di Cilicia”.
E’ innegabile che alcuni alchimisti volessero proteggere i loro segreti chiamando con “nomi esotici” gli strumenti del loro lavoro ma, in certi casi, coltivavano il mistero per se stesso e l’oscurità per il semplice fatto di essere enigmatici.
LA DIFFICOLTA’ NEL COMPRENDERE LE SCRITTURE ALCHEMICHE
Così scrive l’alchimista bizantino Stephanos di Alessandria per descrivere la magnesia (minerale di ferro solforoso) quasi fosse un inno entusiastico degno del cantico dei cantici:
“O natura veramente superiore alla natura, tu sei le nature, tu sei la natura una che comprende il tutto…O fiore delizioso dei filosofi pratici, o splendore contemplato da uomini virtuosi…O Luna che trai la tua luce da quella del Sole…O natura una, che rimane la stessa e non cambia.”
Capite bene come si possa trovare il povero studioso entrando in relazione con testi di questo tipo: gli si presenterà un lavoro mostruoso per estrapolarne il significato ed egli dovrà aiutarsi con altre opere comparative che spesso non si riescono nemmeno più a recuperare.
Ecco spiegate le difficoltà di comprendere le scritture alchemiche in chiave moderna e la complessità della precisione nell’esecuzione delle formule.
L’EPOCA ELLENISTICA
Man mano che la cultura greca si estendeva al regno di Alessandro Magno e a tutto il bacino del Mediterraneo con l’Impero Romano, essa si arricchì delle conoscenze persiane, egizie, babilonesi, indiane e cinesi attraverso i paesi del Medio Oriente.
Ci fu un cambiamento di paradigma poiché il mondo sembrò meno armonioso e meno equilibrato rispetto a ciò che si era abituati a vedere fino a quel momento.
La religione tradizionale e la filosofia classica non sarebbero più riuscite a soddisfare gli uomini dell’epoca ellenistica.
Invaghiti di assoluto e di mistero, essi avevano sete di rivelazioni soprannaturali che avrebbero assicurato la serenità in questo mondo e la salvezza dopo la morte fisica.
Le opere venivano attribuite ad esseri prodigiosi, dèi, profeti, gran sacerdoti e fatti risalire il più lontano possibile nel tempo.
Più esotici erano questi personaggi e meglio venivano accettati.
Persino le speculazioni di Pitagora sui numeri e la musica fecero del grande matematico un discendente del dio Apollo e un fine alchimista mentre, lo stesso Platone, sarebbe stato il fondatore dell’alchimia e Aristotele il suo allievo.
Tutti questi illustri personaggi avrebbero trovato la saggezza nel corso di lunghi viaggi in Oriente e fu così che Pitagora, avrebbe visitato la tradizione alchemica non solo della Grecia ma anche della Caldea, dell’India, dell’Egitto e della Persia studiando, nientemeno, sotto il magistero di Mosè!
IL FINTO DEMOCRITO
Un autore che si fingeva Democrito (si pensa sia stato Bolo di Mende) scrisse, in prima persona, sotto la direzione del mago Ostanete, di essersi esercitato a “fare la lega delle nature” che in parole più semplici sarebbe stata la trasmutazione dei metalli in oro.
Guidato dai poteri del mago trovò in un tempio la famosa dicitura dove è racchiuso il segreto dell’alchimia:
“Una natura è sedotta da un’altra natura, una natura vince un’altra natura, una natura domina un’altra natura”.
LA SAGGEZZA DELL’ORO ALCHEMICO
In che cosa consisteva dunque quella saggezza racchiusa nella frase che fu oggetto della rivelazione trovata dallo pseudo-democrito?
Lo scopo era quello dell’azione sull’uomo e sul mondo, estrapolando le qualità occulte della materia e quella degli esseri, delle pietre, delle piante e degli animali.
E’ interessante leggere alcune “affermazioni” che sottolineavano la credulità degli autori e dei lettori del tempo che avevano travisato il significato esoterico di tale frase dove, vipere velenose, venivano accecate dalla vista dello smeraldo, la lingua di una rana, messa sul petto di una donna, la costringeva a confessare i suoi peccati, un filo di lana poteva domare un toro inferocito e così via.
La mineralogia, la botanica, la zoologia fantastica dell’epoca ellenistica, furono riprese da Plinio nella sua Storia Naturale, dai medici arabi del Medioevo ( Avicenna, Razi) giungendo fino ai libri di medicina del XVI e del XVII secolo.
Fu in quel clima intellettuale che nacque l’alchimia come la conosciamo oggi e, pur rimanendo fedele alle sue origini, è stata elaborata e depurata dalle credenze e dalle leggende che l’avevano contraddistinta fino a quel momento.
CONCLUSIONI
Si conclude la seconda parte dell’articolo “oro alchemico” e, nella terza parte, affronteremo l’alchimia antica e l’alchimia medievale.
Sarà di grande interesse scoprire che, la dottrina degli alchimisti, deriva in buona parte da Aristotele.
Se, come pensava quest’ultimo, i corpi fisici erano fatti tutti della stessa sostanza fondamentale, allora era possibile risalire alla materia prima dandole le qualità desiderate…
…continua
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